mercoledì 27 febbraio 2013

Api e Sicilia


Presentati i primi risultati del progetto di reintroduzione dell'ape nera siciliana ApeSlow: ritrovate nuove 16 linee genetiche che si aggiungono alle tre famiglie sopravvissute e conservate sulle isole, individuate quattro potenziali stazioni di fecondazione, oltre 62 apicoltori coinvolti.

Sabato 2 febbraio si è svolto a Palermo, presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, il convegno di presentazione dei risultati del primo anno di attività del progetto di conservazione e reintroduzione della sottospecie a rischio di estinzione Apis mellifera siciliana. Il progetto, finanziato dalla Regione Siciliana, Dipartimento regionale degli Interventi Strutturali per l'agricoltura, è coordinato dal Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura di Bologna (CRA-API) in collaborazione con l'Assessorato Regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari Dipartimento Interventi Infrastrutturali SOAT di Collesano, l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Palermo, l'Università di Palermo e del Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agroalimentari e Ambientali dell'università di Catania (DiGESA), Slow Food e l'apicoltore Carlo Amodeo, che ha conservato negli anni la razza autoctona di ape nera siciliana.

Nel 2012 i ricercatori del CRA-API e dell'IZS hanno individuato tramite analisi genetiche e biometriche 16 linee materne da utilizzare per l'allevamento di alcune migliaia di nuove regine di A. m. siciliana. In questo modo si potrà aumentare la variabilità e quindi la biodiversità delle api autoctone che si erano ridotte a sole tre linee pure accertate. Dei circa 70 apicoltori che avevano chiesto di aderire al progetto, sono stati selezionati sulla base di criteri prestabiliti (avere alveari regolarmente censiti, localizzazione), 49 apicoltori che si sono riuniti nel giugno scorso formando la "Associazione Allevatori Apis mellifera siciliana": appartengono soprattutto alla Sicilia occidentale, dove l'ibridazione con la ligustica (l'ape più diffusa in Italia) in passato è stata minore. Agli apicoltori che avevano le caratteristiche adatte ad allevare api nere, sono state distribuite celle reali di ape nera per amplificare la presenza di questa sottospecie sul territorio. Da una cella reale nasce una regina che si accoppia poi con i maschi (fuchi) presenti in quel territorio. A causa della peculiare biologia dell'ape, i maschi prodotti da una regina rispecchiano solo il genotipo materno (nascono da uova non fecondate) e non è quindi importante che le regine nate dalle celle reali distribuite si siano fecondate con fuchi "siculi": in ogni modo produrranno esse stesse fuchi "siculi". In questo modo si prevede di "scurire" progressivamente le api di un dato territorio. Poco alla volta, negli anni, il patrimonio apistico acquisirà caratteristiche produttive caratteristiche della nera siciliana e anche maggiori resistenze legate alla presenza di una maggiore varietà genetica.

Nell'ambito del progetto sono stati svolti degli eventi formativi, tra cui un corso per la formazione di allevatori di regine tenuto dal professore Santi Longo e dalla professoressa Gaetana Mazzeo, del dipartimento DiGESA dell'Università di Catania, per quanto riguarda gli aspetti teorici, e dall' apicoltore Carlo Amodeo per quanto riguarda gli aspetti pratici. Alla formazione hanno partecipato un totale di 41 apicoltori di cui 26 facenti parte della associazione della ape nera siciliana. La stessa Università ha svolto anche ricerche sulla attività pronuba - cioè sull'attività di impollinazione delle colture - dell'ape nera siciliana a confronto con altri insetti, quali l'ape mellifera ligustica e il bombo terrestre. La ricerca si è svolta in campi sperimentali in provincia di Siracusa, in parcelle (allo scopo isolate in tunnel) coltivate a carciofi di due varietà: il violetto di Sicilia e il brasiliano Nobre. I risultati hanno evidenziato effetti diversi dei pronubi sulle due cultivar, probabilmente da imputare, in parte, a differenze genetiche tra queste. Tra gli aspetti interessanti è emerso, tra l'altro, che Apis mellifera siciliana ha mostrato un diverso tempo di permanenza sui capolini rispetto ad Apis mellifera ligustica e, sulla cultivar Violetto di Sicilia, ha consentito di ottenere una produzione di semi lievemente superiore in peso e numero rispetto a quella ottenuta con ape mellifera ligustica e bombi terrestri. La ricerca, appena avviata, offre interessanti spunti di approfondimento, pertanto, nel secondo anno di attività saranno allestite prove finalizzate a definire meglio il ruolo delle due sottospecie nell'impollinazione di tale coltura. Da segnalare inoltre un incontro formativo sul polline tenuto lo scorso gennaio da un apicoltore toscano Aldo Metalori a Caltavuturo.

Alcuni apicoltori dell'associazione, Vincenzo Stampa di Trapani e Sergio Sapienza di Palermo, hanno presentato le quattro possibili stazioni di fecondazione da attivare nel 2013, dove verranno portate le regine vergini e le famiglie con le regine dello scorso anno per la produzione di fuchi. I luoghi individuati sono in provincia di Palermo e sull'isola di Marettimo (in provincia di Trapani). Le stazioni di fecondazione sono state scelte valutando la presenza di fattori ambientali favorevoli barriere geografiche come vicinanza a promontori con altitudini rilevanti e vicinanza al mare , l'assenza di nomadismo o di alveari stabili di apicoltori non aderenti al progetto nel raggio di 5 km.


Il progetto ha suscitato grande interesse tra gli apicoltori siciliani. Ad oggi altri 25 apicoltori hanno richiesto celle per il 2013: 4230 celle nella sola provincia di Palermo, 446 in quella di Trapani, 1000 a Catania, 290 a Messina, 230 ad Agrigento e 652 Ragusa, per un totale di 6238 celle. Le attività previste dal progetto nel 2013 saranno la produzione di nuovi fuchi dalle regine provenienti dalle celle distribuite l'anno scorso, la produzione di regine da madri di nera sicula completamente rispondenti alle caratteristiche di razza appartenenti alle nuove linee trovate in vari luoghi della Sicilia e dalle famiglie già note allevate sulle isole di Ustica, Vulcano e Filicudi, ; la fecondazione delle regine nelle stazioni di fecondazione individuate nel 2012 dove saranno portati i fuchi maturi provenienti dagli allevamenti coinvolti nel progetto, la distribuzione delle regine fecondate.

Accanto a queste attività proseguirà la ricerca di nuove linee genetiche in tutta la regione, segnalate da apicoltori che ritengono di possedere api di presunta razza nera siciliana.

Il lavoro di produzione di celle reali, e quello di individuazione delle stazione di fecondazione, è stato possibile grazie all'impegno di alcuni apicoltori - Susanna Spisso, Nicola Cirrito, Sergio Sapienza, Fortunato Battaglia, Giovanni Caronia e Giulio Vitale - alcuni dei quali membri del Presidio Slow Food dell'ape nera sicula. Il Presidio, che riunisce otto apicoltori è nato nel 2008 e, da subito, cogliendo l'allarme sulla possibile estinzione della nera siciliana lanciato da Carlo Amodeo, ha stimolato apicoltori e istituzioni affinché sostenessero un forte progetto di reintroduzione. Il progetto di reintroduzione coordinato dal Cra-Api è stato proposto alla Regione Siciliana dagli apicoltori del Presidio e da Slow Food ed è unico in Europa, per il momento. Ha suscitato l'interesse di molti enti di ricerca a livello europeo che vorrebbero avviare esperienze simili anche all'estero, per conservare altre popolazioni autoctone di api a forte rischio di estinzione.

Per maggiori informazioni: www.cra-api.it

Progettiamo l'Apicoltura del Futuro

Piacenza, sabato 2 marzo 2013 
Piacenza Expo, Sala A, ore 15:00 

Un appuntamento da non mancare, visto che sul tavolo ci saranno tutti quei problemi che stanno uccidendo la nostra apicoltura, senza che vengano date delle risposte adeguate all’Apicoltore. Ora basta, non facciamoci più prendere in giro.
Nel 2012 ci sono stati apicoltori che hanno perso addirittura l'80% degli alveari. Il loro reddito è stato praticamente azzerato. Eppure, devono continuare a fare la denuncia di possesso alveari, pagare l’Iva, le tasse e tutti gli strumenti e i farmaci che gli servono in apiario. Gli apicoltori hanno una famiglia e mangiano tutti i giorni, come gli altri.
Eppoi, ci sono gli “sceriffi” che li inseguono.
Devono difendersi perché non hanno a disposizione strumenti adeguati, devono difendersi perché qualcuno ha deciso di fermare l’orologio dell’apicoltura al 1954.
Nessuno vede niente, si fa finta di niente e si continua semplicemente a parlare dell'Ape in modo bucolico. Dunque, è fondamentale trovare, tutti insieme, le strategie per prospettare e costruire insieme l’Apicoltura dei prossimi anni.
Sarà un Convegno in cui gli Apicoltori, a qualsiasi associazione appartengano, non saranno spettatori ma dovranno parlare delle loro urgenze e di come pensano di uscire dall’impasse. 


MODERATORE 
Massimo Ilari 
Direttore Editoriale Apitalia 

PARTECIPERA’ 
Ci pregerà della Sua partecipazione 
Ermete REALACCI 
Onorevole e Presidente onorario Legambiente 

INTERVENTI 
In Apicoltura è arrivato il Tempo delle Scelte e delle Decisioni 
Sergio D’AGOSTINO 
Presidente A.N.A.I., Associazione Nazionale Apicoltori Italiani 

Perché l’Associazionismo in Apicoltura 
Enrico GUALDANI 
Presidente Associazione Apicoltori delle Province Toscane 
ANAI Toscana 

Sicurezza del miele? La parola agli Apicoltori 
Carlo D’ASCENZI 
Professore associato Università di Pisa. 
Facoltà di Veterinaria - Università degli Studi di Pisa 

Attività del CRA-API all’interno del Progetto STRANOVA" 
Antonio NANETTI 
Ricercatore Cra-Api di Bologna 

Pagamento del miele, in arrivo tante, spiacevoli, novità legislative 
Raffaele TERRUZZI 
Presidente AIIPA gruppo Miele 

Le piccole Cooperative di Apicoltori locali. Perché sono il futuro dell’Apicoltura 
Antonio D’ANGELI 
Presidente Ass. Etica e Solidarietà onlus 
ANAI Lazio

fonte: www.apitalia.net


CORSO TEORICO E PRATICO DI INTRODUZIONE ALL’APICOLTURA 2013


L’Associazione Regionale Apicoltori Pugliesi (A.R.A.P.), nell’ambito del programma annuale di formazione e assistenza svolto su tutto il territorio regionale, organizza un Corso teorico e pratico di introduzione all’Apicoltura della durata di 8 lezioni che si svolgerà nella provincia di Bari.
Il percorso formativo offre una formazione di base nell’allevamento e cura delle api, rivolto a coloro che intendono iniziare l’attività apistica o semplicemente conoscere da vicino il mondo delle api ed i prodotti della loro laboriosa attività.
Il corso, a numero chiuso (max 30 partecipanti) in base all’ordine cronologico di prenotazione, è strutturato in 4 lezioni teoriche (16 ore) e 4 lezioni pratiche (16 ore) in apiario che si terranno il sabato mattina nel periodo aprile-giugno 2013.
Le date delle lezioni riportate nel programma allegato potrebbero subire piccole variazioni in relazione alle esigenze didattiche del corso e alle condizioni metereologiche.
Sede del corso: Istituto Tecnico Agrario F. Gigante - Via Ten. O. Gigante n. 14, Alberobello (Ba).
A tutti i partecipanti sarà fornito gratuitamente:          
  a) un libro di testo: “Apicoltura Tecnica e Pratica”, Pistoia A., Edizioni L’informatore Agrario
  b) una maschera a camiciotto per visita alveari
Al termine del corso a tutti i partecipanti con almeno il 75% di presenze alle lezioni (24 ore) sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
Per tutti i partecipanti sarà stipulata un’assicurazione sulla Responsabilità Civile e sul rischio di punture.
MODALITÀ D’ISCRIZONE
Il costo del corso, a solo titolo di rimborso spese, è pari a € 100,00 (cento/00).
La domanda di partecipazione al corso corredata da copia della ricevuta di pagamento della quota d’iscrizione può essere inviata via e-mail all'indirizzo corsi@apicoltoripugliesi.it  (allegando il file in formato PDF o JPEG della domanda d'iscrizione con firma originale e copia del pagamento) entro il 24 Marzo 2013.
Il pagamento della quota di iscrizione deve avvenire mediante:
  • bonifico bancario intestato all’Associazione Regionale Apicoltori Pugliesi (ARAP)
  IBAN: IT64 S076 0116 0000 0100 4516 165   - Casuale del versamento: "Iscrizione corso base apicoltura 2013"
  • su c/c postale numero 1004516165 intestato ad Associazione Regionale Apicoltori Pugliesi (ARAP), via Gidiuli n. 34, Lecce.        Casuale del versamento: "Iscrizione corso base apicoltura 2013".
 Informazioni dettagliate sul corso ed il modulo d’iscrizione possono essere richiesti via e-mail all’indirizzo corsi@apicoltoripugliesi.it  oppure contattando il dott. Fabio Silvestre al 349/1511650.
          

lunedì 18 febbraio 2013

Impollinazione



L'impollinazione è il processo attraverso cui le piante si riproducono. Gli organi riproduttivi delle piante si trovano nei coni o nei fiori. Come per gli animali, anche per le piante deve avvenire la fecondazione del seme maschile (il polline) con l'ovulo femminile. Si parla di autoimpollinazione se la fecondazione avviene all'interno di una stessa pianta. Se il seme maschile (il polline) di una pianta viene trasportato nell'ovulo femminile di un'altra pianta si parla di fecondazione incrociata.
Questo tipo di fecondazione è mediato da diversi vettori quali: api, pipistrelli, uccelli, acqua, vento.
La fecondazione incrociata, diversamente dall'autoimpollinazione, è molto importante in quanto assicura una grande variabilità dovuta al rimescolamento dei caratteri provenienti dai due genitori.

martedì 12 febbraio 2013

Il recupero di uno sciame selvatico in un muro

Fonte Apicolturaonline.it



Le api, da questo periodo in poi, hanno tutto il tempo per diventare una famiglia forte, ricostruire il nido e ripristinare le scorte per l’inverno successivo.

La tentata distruzione di una famiglia d’api ospitata nell’intercapedine di una finestra chiusa con tramezzi di mattoni forati dall’interno e con muratura di tufo dall’esterno (foto 1) era stata tentata per ben due volte, prima con il fuoco e poi con i prodotti chimici. Poiché la famiglia era lasciata a se stessa, il rischio che poteva trasmettere le malattie come la peste americana, la peste europea e la varroa, compromettendo anche la sopravvivenza delle altre famiglie della zona, ha spinto l’autore dell’articolo a recuperare la famiglia.

Questi tipi di travasi, di famiglie naturali alloggiate in posti stabili e inamovibili, sono più complicati di quelli che si effettuano dalle arnie rustiche, poiché si deve lavorare con tutte le bottinatrici che rientrano dai campi con il loro carico.

Per tale motivo, i travasi che avvengono dalle arnie rustiche si fanno spostando l’arnia lontano dal posto primitivo.


Data la complessità dell’operazione, per il recupero dello sciame posto a circa tre metri dal piano di campagna, è stato richiesto l’intervento di due apicoltori e l’allestimento di un’impalcatura (foto 2).
Una raccomandazione, che non mi stanco mai di rinnovarla, è che quando si raccolgono gli sciami da posti pericolosi, l’impalcatura, scale o altri attrezzi, indispensabili per recuperare lo sciame, devono essere sempre posti e installati a regola d’arte. La ragione è semplice: il valore dello sciame recuperato non compenserà mai un’eventuale infortunio sul lavoro.

Oltre agli attrezzi da muratore usati per demolire il muro, per effettuare il travaso, è stato utilizzato il seguente materiale: un pigliasciame a cinque telaini; tre telaini da nido vuoti precedentemente ingabbiati con rete metallica a maglie larghe; due telaini costruiti; un affumicatore; un coltello; una corda; dei chiodi; un gancio; due recipienti per contenere i favi asportati e una spazzola continuamente inumidita in un secchio d’acqua, per non irritare le api durante la spazzolatura dei favi.

L’ingresso del nido, sulla parete esposta a sud, da un esame visivo si presentava di colore scuro, tendenzialmente al nero. Ciò faceva trapelare che la famiglia d’api dimorava nel nido da circa tre anni, come è stato ampiamente confermato dalla proprietaria del fabbricato.

Il recupero della famiglia dallo stato naturale è stato svolto in una giornata di pieno sole, con temperatura esterna di circa 18° gradi, in assenza di vento, dopo aver abbondantemente affumicata la famiglia d’api attraverso la fessura d’ingresso in modo che le api si riempissero di miele, diventando meno aggressive.

Si è proceduto poi ad eliminare tutta la parete esterna di tufo, con gli attrezzi consueti da muratore, portando allo scoperto tutti i favi del nido.

L’intercapedine, dove aveva trovato rifugio la famiglia d’api, aveva una capienza volumetrica maggiore rispetto alle esigenze biologiche della famiglia d’api, presentava le seguenti dimensioni 70*140*20 cm per un volume di 196.000 cm cubici, di cui solo la metà era occupata dai favi. Il volume scelto dalle api è superiore a quello che noi gli offriamo ospitandole nell’arnia razionale.

Il nido all’interno era costituito da undici favi. Per circa 50 cm in prossimità dell’ingresso erano disposti a favi caldi, i restanti a favi freddi (foto 3).
Il sesto e il settimo favo erano amalgamati con quelli a favo caldo. Da un’analisi attenta dello stato di conservazione dei favi, si è riscontrato che i primi due, quelli disposti a caldo, nella parte bassa si presentavano ammuffiti.

Le api, comprendendo che lontano dalla fessura d’ingresso non riuscivano più a mantenere costante il microclima interno, hanno cambiato l’orientamento dei favi per avere una migliore ventilazione.

Dopo aver ispezionato dettagliatamente il nido e verificato che la famiglia non era malata di peste o di varroa, si è proceduto al taglio d’alcuni favi di covata compatta con celle aperte e al loro ingabbiamento in un telaino da nido vuoto, rispettando sempre la naturale posizione.
Al termine del riempimento, i telaini sono stati inseriti nel pigliasciame per facilitare il richiamo delle api nutrici. Poi sono stati tagliati i restanti favi di covata opercolata, sempre a misura dei telaini da nido vuoti e ingabbiati nei telaini.

Il telaino da nido vuoto ha, sulle due facciate della rete zincata a maglie larghe (foto 4 ), facilmente asportabile e incastrabile. Questa è mantenuta in verticale e aderente al telaino, piegando l’estremità a 90° ed incastrandola nei forellini fatti nella cornice di legno del telaino.

Durante l’innesto, per agevolare l’operazione d’inserimento dei favi, viene tolta una parete di rete zincata. Quando il telaino è completo di favi naturali, con una leggera pressione delle dita s’incastra la rete precedentemente asportata.

Questo sistema del telaino ingabbiato è il migliore in senso assoluto, per quanto mi ha dimostrato la mia esperienza, perché tutte le operazioni avvengono in modo rapido e veloce. Rispetto al sistema tradizionale, che prevede la legatura dei favi nel telaino da nido con filo di rafia naturale o spago, si riduce il rischio del saccheggio e del raffreddamento della covata.

Durante l’innesto e il taglio della cera si controllavano attentamente i favi per cercare di corgere la regina (foto 5 ) 
e di non recarle danno.

Man mano che si tagliavano, i favi erano tutti selezionati: i favi vuoti erano depositati in un recipiente per poi essere destinati direttamente alla fusione, i favi pieni di miele in un altro recipiente per essere poi destinati alla torchiatura per ricavare un po’ di miele che doveva servire come nutrizione, immediatamente dopo il travaso della famiglia dal pigliasciame nell’arnia razionale.

Terminato il taglio di tutti i favi, è stato completato il pigliasciame con telaini già costruiti, chiuso e sistemato nel posto occupato in precedenza dalla fessura d’ingresso della famiglia, fino a tarda sera, per recuperare tutte le bottinatrici che ritornavano dai campi e tutte le api che si erano alzate in volo durante il travaso, richiamate dalle compagne che già avevano preso possesso della nuova casa.

Il tempo impiegato dai due apicoltori per recuperare lo sciame è stato di quattro ore.

Il successo nel recupero della famiglia è dipeso molto dal favo di covata che ha trattenuto le api e la regina nel pigliasciame.
L’ultima fase del recupero si è svolta il giorno dopo, (foto 6) quando la famiglia è stata travasata dal pigliasciame all’arnia razionale, controllando se era stata catturata anche la regina.

Il travaso definitivo nell’arnia razionale, è avvenuto inserendo prima un telaino di scorte, pieno di miele e polline, adiacente alla parete est dell’arnia, poi i tre favi naturali ingabbiati, altri due favi costruiti, un telaino con foglio cereo e un’altro telaino di scorte, restringendo il tutto con un diaframma.

Durante il travaso i telaini sono stati attentamente osservati per cercare di scorgere la regina perché, in mancanza, bisognava subito correre ai ripari ed inserire una nuova regina in gabbietta o una cella reale prossima allo sfarfallamento per normalizzare al più presto lo sciame. Non è stato il nostro caso perché la regina era stata catturata e dalla deposizione compatta s’intuiva che non aveva più di un anno d’età.

Durante le successive visite di controllo, si è accertato che la regina deponeva normalmente nei favi ingabbiati, quindi le pareti di rete zincata che ingabbiano i telaini non sono d’ostacolo alla deposizione della regina.

Per avere sempre favi perfetti, tutti a celle d’operaie, man mano che nasce la covata nei telaini ingabbiati, è consigliabile spostarli ai lati dell’alveare per poi sostituirli con telaini con fogli cerei o favi costruiti.

Auguro a tutti un buon recupero di sciami selvatici.

Apisticamente, Angrisani ing.Pasquale.

pasquale.angrisani@libero.it
Il periodo migliore per recuperare o travasare gli sciami dalle arnie rustiche a quelle razionali coincide con l’inizio della stagione apistica, quando nel nido ci sono poche api e miele. Queste condizioni, facilitano le operazioni di trasferimento dei favi, nel Salernitano coincidono con la fioritura del ciliegio.

venerdì 8 febbraio 2013

Apicoltura in Cina


Chissà se qualche visitatore di questo blog ci capirà qualcosa, la lingua cinese non è ancora alla portata di molti occidentali, ma di sicuro le immagini possono esserci utili per fare qualche raffronto con la quotidianità dei nostri apicoltori...

martedì 5 febbraio 2013

Corso di apicoltura di primo livello a Cuneo

Presso l'aula Magna della Facoltà di Agraria di Cuneo  P. zza Torino n° 3 si terrà il  Corso di apicoltura di primo livello.

Di seguito le date e gli argomenti trattati:

Martedì 12/02/2013
20.00 – 23.00  Biologia dell’alveare e attrezzature usate in apicoltura. Docente: Marco Bergero

Martedì 19/02/2013
20.00 – 23.00  Tecniche di conduzione dell’apiario  Docente: Gianluca Garnero

Martedì 26/02/2013
20.00 – 23.00  Patologia apistica  Docente: Carlo Olivero

Sabato 02/03/2013
06.00 – 20.00  Viaggio di studio alla fiera Apimell Piacenza  Lezione da 6 ore: Docente:  Giordanengo Ermanno e Bergero Marco

Martedì 05/03/2013
20.00 – 23.00  Lotta alla varroa Docente: Ermanno Giordanengo.

Martedì 12/03/2013
20.00 – 23.00  Legislazione Apistica Docente: Ermanno Giordanengo

Martedì 19/03/2013
20.00 – 23.00  Formazione dei nuclei e pacchi d’ape  Docente: Carlo Olivero

Per informazioni e iscrizioni rivolgersi ai Tecnici di zona di Cuneo

fonte: Aspromiele

sabato 2 febbraio 2013

La permapicoltura di Oscar Perone




Oscar Perone è un apicoltore argentino, sostenitore della filosofia del non fare, di Masanobu Fukuoka, applicata all'allevamento delle api, fatto con metodi più vicini possibile alla natura, senza fogli cerei, senza trattamenti e con pochissimi interventi. Sostenitore quindi anche delle celle da 4,9. Ha messo insieme un manuale on-line, in spagnolo, e gira il mondo cercando di diffondere il suo metodo.

Cera d'api




La cera d'api è un prodotto dell'apicoltura. è fabbricata dalle api operaie a partire dall’undicesimo giorno di vita, quando vengono sostituite nel compito di nutrire la covata da api più giovani. Le api addette alla produzione di cera svolgeranno questo nuovo compito per circa una decina di giorni, per poi dedicarsi nell’ultima fase della loro breve vita a bottinare il nettare, il polline e la propoli, secondo il periodo dell’anno, in un lavoro che le vedrà sempre partecipi in una società ideale, dove l’unione fa la forza e assicura la sopravvivenza della comunità. La cera è la secrezione delle ghiandole ciripare, che si trovano tra gli anelli dell’addome, ed è il risultato di una trasformazione chimica del nettare. La costruzione di un favo è un’attività sociale alla quale partecipano centinaia di api operaie: aggrappate le une alle altre le api formano delle catene di lavoro e con straordinaria destrezza costruiscono gli alveoli esagonali con incredibile precisione. L’esagono è la forma geometrica perfetta, che permette di sfruttare al meglio lo spazio disponibile, consentendo di costruire il maggior numero di cellette con il massimo risparmio di cera, circa 850 alveoli ogni decimetro quadrato di favo. Anche il risparmio di cera è importante, perché la sua produzione richiede notevoli risorse, tenuto conto che per produrre un kg di cera le api devono consumare dieci kg di miele. 

fonte: www.inerboristeria.com

venerdì 1 febbraio 2013

Corso base di apicoltura - Apidolomoti

Apidolomoti - Associazione Apicoltori della Provincia di Belluno organizza un corso base di apicoltura.
Il corso si svolgerà in otto lezione teorico-pratiche (16 ore totali).
Al corso potranno accedere un massimo di 35 persone, quindi, compatibilmente con i posti disponibili è possibile indicare la sede preferita tra:
Limana (inizio 5 marzo)
Cesiomaggiore (inizio 12 marzo)

A chi seguirà almeno il 70% delle lezioni Apidolomiti rilascerà un attestato di frequenza.

Per info e contatti rivolgersi a:
APIDOLOMITI - tel. 340 8502297 (Sig.ra Aurora)
oppure visitare il sito www.apidolomiti.com/corsiapicoltura
Scarica qui il Programma del Corso

fonte: www.apidolomiti.com